Luciano Benetton

Luciano Benetton

Tour Eiffel / Ciao mondo di cui / lo sono la lingua / Eloquente che la sua / Bocca o Parigi / Tira e tirerà / Sempre / Ai tedeschi.
Guillaume Apollinaire

"Prendete un giornale. Prendete un paio di forbici. Scegliete nel giornale un articolo che abbia la lunghezza che volete dare alla vostra poesia. Ritagliate l'articolo. Tagliate ancora con cura ogni parola che forma tale articolo e mettete tutte le parole in un sacchetto. Agitate dolcemente. Tirate fuori le parole una dopo l'altra, disponendole nell'ordine con cui le estrarrete. Copiatele coscienziosamente. La poesia vi rassomiglierà. Ed eccovi diventato uno scrittore infinitamente originale e fornito di una sensibilità incantevole, benché, s'intende, incompresa dalla gente volgare". 

La ricetta dell'artista-poeta-saggista rumeno di lingua francese Tristan Tzara per creare una poesia dadaista presenta con semplicità quell'incontro puntuale ma casuale (o viceversa) tra parola e segno della parola, gioco e provocazione, originalità e convenzione, ironia e sberleffo, che sta alla base di molto di ciò che noi consideriamo arte d'avanguardia. Idee e concetti su un'estetica di rottura che con prosa declamatoria Tzara aveva approfondito nel Manifesto Dada del 1918: "Il nuovo pittore crea un mondo i cui elementi sono i suoi medesimi mezzi, un'opera sobria e definita, senza soggetto. Il nuovo artista protesta: non dipinge più (riproduzione simbolica e illusionistica) ma crea direttamente in pietra, legno, ferro, stagno, dei massi di organismi mobili che possono essere girati in tutti i sensi dal limpido vento delle sensazioni immediate". 

Si trattava, e si tratta tuttora, di sostituire al vecchio un nuovo modo di fare: una rinnovata poetica dei segni, ad esempio, in grado di accostare, sovrapporre, assemblare, incorporare la scrittura con l'immagine, il disegno, la grafica, la fotografia, il collage, il décollage. Per arrivare - è il caso del tema di questa particolare raccolta di opere di Imago Mundi - alla dimensione artistica della Poesia Visiva, un fenomeno che dagli anni Cinquanta si è sviluppato nel clima rovente della neo-avanguardia europea. 

Quello tra parola scritta e immagine, in realtà, è un rapporto stretto e polivalente che viene da lontano. Oltre ad avere un senso e un suono legati alle convenzioni linguistiche, le lettere -i grafèmi - sono anche segni tracciati che derivano dalle immagini. Ad esempio, si pensa che la "A", prima lettera dell'alfabeto romano e di quasi tutti gli altri, derivi dalla trascrizione della parola fenicia alph (toro) con cui veniva denominato il segno grafico per la sua somiglianza, nella scrittura fenicia, con una testa di toro. 

Di questo stretto rapporto tra parola e immagine se n'erano accorti anche i miniatori medievali che trasformavano il capolettera di un testo in una piccola opera d'arte figurativa, basandosi sulle forme geometriche delle varie iniziali. E, d'altra parte, alcuni tipi di scrittura - araba, cinese, giapponese - sono già di per sé forme d'arte. 

Nei Calligrammes di Guillaume Apollinaire del 1918 la disposizione grafica delle parole sulla pagina forma un disegno. Unendo l'aggettivo greco kalós (bello) e il sostantivo gramma (dal tema di grapho, scrivere in greco), la parola calligramma già sottolinea che si tratta di una scrittura nella bellezza. Il poeta francese attinge a una tradizione dell'alto medioevo - allora queste esercitazioni scrittorie si chiamavano carmina figurata - e sottolinea che un calligramma è un insieme di segno, disegno e pensiero. Per lui è parola che si affranca dalla sua strumentalità e diventa oggetto d'arte: "Et moi aussi, je suis peintre!". 

L'effetto onomatopeico diventa protagonista nelle parole in libertà (o Parolibere) di Filippo Tommaso Marinetti, il poeta futurista che si ribella alla compostezza della pagina scritta per andare oltre: «Noi utilizziamo, invece, tutti i suoni brutali, tutti i gridi espressivi della vita violenta che ci circonda. Facciamo coraggiosamente il "brutto" in letteratura, e uccidiamo dovunque la solennità. Via! Non prendete di quest'arie da grandi sacerdoti, nell'ascoltarmi! Bisogna sputare ogni giorno sull'Altare dell'Arte! Noi entriamo nei dominii sconfinati della libera intuizione. Dopo il verso libero, ecco finalmente le parole in libertà!2 

Come modello propone il volume ZANG TUMB TUUUM, Adrianopoli Ottobre 1912, stampato a Milano nel 1914, il cui titolo vuole riprodurre il rumore dell'obice, un'arma da fuoco di grosso calibro usata durante la prima guerra balcanica cui Marinetti ebbe modo di partecipare. 

Sempre nei primi decenni del Novecento un altro artista, Paul Klee, parte dalla pittura per arrivare alla scrittura in modo completamente diverso, creando, in questo caso, un rapporto tra testo, forme e colori. Con l'opera Dapprima innalzatosi dal grigiore della notte, ad esempio, una poesia scritta in tedesco nel 1918 e rappresentata con un delicato acquerello. Ogni lettera è inserita in un quadrato, a sua volta suddiviso in altre forme geometriche dalla lettera che contiene. Le scelte cromatiche variano in base ai concetti espressi nel testo, cosi al grigiore della notte corrispondono toni spenti, al fuoco fa riscontro una dominante rossa, al blu una prevalenza di toni freddi. 

Negli anni Trenta Klee approfondisce il rapporto tra testo e immagine inventando i cosiddetti pseudografėmi, segni minimi di un nuovo alfabeto primitivo che ricorda molto i geroglifici e le scritture orientali. E cinquant'anni dopo, ma non lontano dalla poetica di Klee, Alighiero Boetti realizza splendidi tessuti ricamati, che sono griglie geometriche di lettere colorate nelle quali spesso le sequenze perdono il loro senso verbale per assumerne uno ludico. Lo ha di recente ricordato (nel volume Il gioco dell'arte) la figlia Agata: "L'opera di mio padre è un gioco, una moltitudine di giochi molto diversa dalle analisi complesse e intellettuali della critica" 

Scritta, disegnata, declamata, cancellata, la parola è stata dunque un elemento fondamentale per la sperimentazione delle avanguardie del Novecento, e la sua presenza ha spesso accompagnato i cambiamenti delle poetiche artistiche, dando vita a spericolate forme espressive. 

Negli anni Sessanta e successivi la vicenda dei suoi rapporti con l'immagine - e di conseguenza fra arte e letteratura - è diventata un universo magmatico e vitale che include movimenti artistici come Pop Art, Fluxus, Body Art, Arte Povera, Minimalismo, Arte concettuale. Come ha ben testimoniato, ad esempio, la mostra La parola nell'arte al Mart di Rovereto nel 2007 che, con dipinti, disegni, manifesti, libri d'artista, opere letterarie, collage e grandi installazioni, ha posto al centro della sua riflessione il sublime ibrido della contaminazione dei linguaggi dell'arte. 

Si pone in questa stessa direzione la raccolta Imago Mundi dedicata alla Poesia Visiva - 210 opere di artisti europei - che, come nella migliore tradizione del discorso retorico, rappresenta una digressione tematica rispetto alla scansione geografica del suo work in progress di mappa globale dell'arte. Deviazione che in realtà sottolinea il carattere fortemente sperimentale di Imago Mundi e, appunto, la ricchezza che fermenta dall'incontro di tanti diversi linguaggi culturali. 

Concentrata nel formato 10x12 centimetri, l'incandescenza del testo-immagine anziché affievolirsi nella miniatura sembra ravvivarsi sospinta dall'immaginazione degli artisti, aprendosi a nuovi spazi del simbolismo iconico-poetico. Questa intrigante raccolta ci ricorda che ogni linguaggio artistico, della parola come dell'immagine, è al tempo stesso l'enigma e la sua soluzione. Ed è soprattutto - come cantato dal poeta, critico d'arte, ingegnoso sperimentatore Emilio Villa - un modo stupefacente per proseguire, oltre le apparenze e senza pregiudizio, nell'interminata creazione del mondo: "e sempre prima molto prima quasi che tu possa / enunciare la forma o dire / una figura, l'acqua / ha già detto da sola, ora et ab aeterno, il tutto / e l'orma originale".
Luciano Benetton, Parlare visibile, introduzione al catalogo Visual Poetry in Europe, Antiga Edizioni, 2016