Giovanna Di Rosario, Matteo Gilebbi

Giovanna Di Rosario, Matteo Gilebbi

Hyperpoetry: sincretismi-ibridazioni-margini-interstizi, di Giovanna Di Rosario, Matteo Gilebbi.
The Symbiosis of Literature and Science in Italian Culture, February 25, 2006, Italian Studies Collective, Department of Romance Languages and Literatures. 
University of Chicago.

Il fine del mio intervento è quello di presentare quello che è lo stato attuale della poesia elettronica nel panorama italiano, prima attraverso una breve introduzione metodologica e terminologica, e quindi con un breve raffronto rispetto a quello che avviene in spazi più attivi, quali quello statunitense. Inutile spiegare che il panorama è inoltre in continua evoluzione e che una ricerca di questo tipo si scontra irrimediabilmente con i continui mutamenti e con la forte obsolescenza a cui sottostanno paradossalmente proprio i media digitali.
Importante anche sottolineare come questo intervento non sia rivolto ad un analisi testuale delle opere ma ad un’indagine che parte dalla considerazione dell’interfaccia come spazio enunciativo e della sua struttura come indice di poetica.
Mi occuperò di una forma di scrittura pensata esclusivamente per il medium internet e che presenta strutture ed elementi costitutivi originali, per le quali è anche necessario indicare un nuova e consona terminologia. Strutture ed elementi costitutivi sono identici a quelli che si possono incontrare in altre forme di scrittura elettronica (come, ad esempio, all’interno di un qualsiasi sito web) ma che, come vedremo, vengono utilizzati dagli autori presi in esame per generare effetti estetici particolari e pertinenti a quella forma che qui indicherò con i termini di hyperpoetry, webpoetry, o piú genericamente poesia elettronica. 

Questi elementi a carattere morfologico si dividono in due grandi classi, che chiamerò rispettivamente segmenti e sequenze.(1)  Nella ricerca delle classi morfologiche più generali in queste semiotiche utilizzo il termine segmenti per indicare quegli elementi che non possiedono temporalità interna (moduli di testo, immagini, banner, ecc.) mentre chiamerò sequenze quegli elementi caratterizzati da una temporalità interna (filmati, tracce audio e musicali, animazioni, ecc.). Vedremo infatti dall’analisi delle opere come questo fattore riguardante il carattere della temporalità inscritta negli elementi diventi determinante per la modulazione dei differenti effetti estetici. L’opera digitale è infine determinata dal montaggio di questi elementi all’interno di un quadro, inteso come uno spazio topologico che li contiene; per questo intendo come, nella scrittura elettronica, la pagina o la schermata vadano interpretate come uno spazio di composizione.
La struttura di alcune opere è inoltre costituita spesso da un secondo tipo di montaggio, quello dei collegamenti (o links) tra diversi elementi topologici (pagine, finestre, lessie, frames). Vedremo come in alcune opere prevalga l’utilizzo del montaggio di segmenti e sequenze all’interno di una sola pagina, mentre in altre emerga l’utilizzo del montaggio tra pagine diverse e la costituzione di un ipertesto inteso più classicamente come un corpo estremamente aperto e multilineare. Queste prime considerazioni tra morfologie e modalitá di montaggio lasciano già intravedere una prima possibilità di indicare differenti tipologie nella composizione dell’ipertesto poetico.
Un’aspetto nuovo e che non rientra in toto nella categorizzazione appena abbozzata è quello che caratterizza i cosiddetti generatori di testo: ne sono un esempio l’americano “Rob’s amazing poem generator” di Rob Malda (2) e l’italiano “Polygene” (3). Il primo utilizza il testo contenuto in qualsiasi sito web per generare un testo poetico casuale: è sufficiente fornire un indirizzo internet. Il programma è strutturato sulla grammatica della lingua inglese, i migliori risultati si ottengono quindi con siti in quella lingua (4)

Il secondo è invece opera di un collettivo e, come spiegano anche i suoi autori, “Polygen” è un programma che genera frasi casuali secondo una definizione grammaticale, ovvero seguendo un corpus programmabile di regole sintattiche e lessicali: formalmente è un interprete di un metalinguaggio che permette di definire linguaggi. Il processo interpretativo viene inteso nell’esecuzione di un programma e nel riportarne il risultato; nel caso di “Polygen” il programma è una grammatica sorgente, l'esecuzione consiste nell'esplorazione di tale grammatica lungo un percorso casuale ed il risultato è un segmento di testo piú o meno articolato. I suoi autori lo utilizzano principalmente come strumento di parodia di abitudini comunicative e stereotipi massmediali. La casualità del risultato ottenibile raggiunge perfettamente lo scopo di sottolineare ancor di più l’aspetto asemantico (5) di un tale processo di scrittura. I generatori di testo aprono però degli spazi interpretativi di cui preferisco non trattare in questa occasione.

Vorrei invece portare subito alcuni esempi di webpoetry caratterizzati da diversi usi del montaggio. Su di un singolo quadro e costituite da soli segmenti sono opere quali “13(trese) reflejos en el mar negro” dello spagnolo Leo Marino (6).
Cruising di Ankerson - Sapnar (7) e Spawn di Campbell (8), artisti americani sono invece opere costituite da un montaggio ibrido di segmenti e sequenze in un singolo quadro, aspetto questo predominante nell’ambito della webpoetry.
In ambito italiano gli esempi più significativi riguardano principalmente proprio opere morfologicamente ibride e topologicamente mono-modulari come quest’ultime; in questo campo le ricerche e gli esiti maggiormente interessanti riguardano “Onyros” (9) di Mario Rossi e “Content(o) design” (10) di Daniela Calisi. Da tenere in considerazione è anche il lavoro di Michele D’Auria, che ha collaborato con l’ormai veterano Robert Kendal su un suo testo in lingua inglese nell’opera “Candles for a street corner” (11).
Con il titolo “Onyros” Mario Rossi ha raccolto una serie di opere divise cronologicamente in tre capitoli (1st, 2nd e 3rd era); si tratta principalmente di sperimentazioni grafiche che in alcuni casi vengono ibridate con segmenti testuali o sequenze in flash. Tra queste ho scelto come esemplari due lavori del 2002: “Word I” (sottotitolo: useless wearing words) e “Word II-Tongue” (sottotitolo: they insist).

Word I (useless wearing words) è un’animazione in flash che presenta al centro il viso di una persona assopita sulla cui fronte è presente un punto di intervento indicato da due parentesi grafe; al centro il segmento testuale «this wearing words» («queste parole estenuanti»). Operando sul punto d’intervento iniziano ad emergere dallo sfondo e con movimento a spirale antiorario innumerevoli lettere che si dispongono in cerchio tutte intorno al volto; a questo punto il puntatore del mouse assume la caratteristica di punto gravitazionale verso cui le lettere si dirigono attratte, collassando e sovrapponendosi in grumi indistinti; in senso antifrastico le “parole” indicate dal segmento testuale divengono irriconoscibili, si sottraggono ad un percorso di senso per seguire invece un punto focale che non è solo metaforico bensì letterale. 
Qualsiasi tentativo da parte del fruitore dell’opera di creare un percorso di lettura risulterá vano: anzi, piu’ si tenderá ad operare sulle lettere alla ricerca di segmenti testuali significativi, tanto piú esse genereranno agglomerati indistinti. Anche nella seconda opera, Tongues, si ripropone questa dimensione di ineffabilità del messaggio e di disfacimento del senso. Si tratta di una rappresentazione grafica, anch’essa in flash, in cui le parole, pur controllabili e indirizzabili dal lettore, in realtà reiterano all’infinito, nonostante tutti i nostri sforzi, l’incapacità di determinarsi e di riconoscere in esse un percorso di senso (e perciò di lettura). 
Il testo invece riconoscibile si trova marginalizzato, stravolto nella sua posizione all’interno dello spazio, deterritorializzato (12); quella che appare in primo piano è una sequenza casuale di caratteri che si generano intorno al puntatore. Come scrive l’autore nell’ultima stringa del segmento testuale c’è qualcosa che «infetta le visioni»; l’opera non si da come fissa ma come sintomaticamente plurale e mai uguale a se stessa, in infinite modalitá a loro volta contagiate da suggeriti ma continuamente negati percorsi di lettura. Si giunge al punto di un cortocircuito in cui lo spazio della scrittura digitale appare come dislocato, senza apparenti confini, aperto ad infinite possibilitá e stili che non concernono la linearitá bensì un’ipertestualitá concettuale.

Content(o) design (13) è il web megazine curato da Daniela Calisi; nelll’introduzione alle sue opere descrive così la sua semplice ma esplicita poetica: «Queste poesie indagano il comportamento e il mutamento del testo nel tempo: un linguaggio che non e' lineare, ma che esprime una complessità di voci. La capacità del testo di mutare la propria forma: cambiamenti di visibilità, di posizione, di forma, dimensioni e colore. La capacità del testo di mutare il proprio significato: la parola unita alle altre parole da rapporti di trasformazione, mutazione, permutazione, anagramma. La capacità del testo di reagire alle azioni del suo lettore, ma anche, in senso più ampio, i modi in cui il testo configura e consente questo rapporto di azione e reazione; questi sono testi mutanti perchè sono capaci di cambiare sotto i tuoi occhi, di reagire ai tuoi movimenti, perchè si fanno più complessi o si spiegano man mano che esplori i loro diversi modi di apparire» (14). L’artista porta avanti una sperimentazione sulla scrittura digitale sulla scia delle esperienze di animazione del testo praticate soprattutto dal medium cinematografico e televisivo; ciò che però contraddistingue queste opere è la loro caratteristica dimultilinearità interna, nel senso che pur apparendo come segmenti di testo, i versi possiedono al loro interno punti di intervento multipli che rimandano ad altri segmenti o ha nuclei grafici. 
Ciò che ne viene più fortemente influenzato è il processo di lettura, deviato continuamente oltre un percorso lineare; i versi appaiono, fluttuano, scompaiono per evocarne altri e per poi tornare e implodere ciclicamente. Ogni poesia emerge perciò multiforme e senza una struttura finale compiuta. Ne sono un esempio le opere “Tu/tto” e “Cartografi” (15); specialmente quest’ultima utilizza un procedimento attraverso il quale alcuni versi che si trovano parzialmente indistinti sullo sfondo giungono in successione in primo piano per sostituirne o modificarne altri. In questo dialogo fra due differenti piani prospettici il testo poetico in sè perde la sua caratteristica di oggetto compiuto per partecipare invece ad una plurivocità sottesa al movimento grafico; è la supremazia del segno sul significato, del design sul discorso.

Ma il progetto piú complesso, strutturato e ambizioso nel panorama italiano sembra essere attualmente il work in progress “Globalgroove” (16) di Fabio Toffolo e Michele Andreroni. L’opera, visceralmente ipertestuale, nasce dallo sviluppo del precedente “Momisdrunk” (17), su cui gli autori avevano lavorato dal 1997 al 2003. Quest’ultimo era un ipertesto basato su segmenti iconico-testuali, costituito da 8 capitoli; l’opera prendeva spunto da linguaggi massmediali di ogni genere (dalla fiction alla pornografia, dalla pubblicitá alle news televisive) per smontarne i meccanismi enunciativi e ricomporli secondo un progetto che prevedeva una struttura narrativa compiuta, diretta alla denuncia dell’influenza subdola dei media sul linguaggio e sulla post-moderna interpretazione del mondo. 
Da questo punto di vista “Globalgroove” appare ancora piú intransigente e profondo. La sua struttura ipertestuale é tentacolare e in continua espansione; partendo da tre capitoli principali l’opera si sviluppa in numerosi sottolivelli lineari (cioé non dialoganti fra loro orizzontalmente ma verticalmente). Le singole pagine offrono un montaggio sincretico di segmenti e sequenze e l’esperienza é quella di un’opera multiforme in cui si sperimentano i limiti e la mediocritá dei linguaggi massmediali e la loro intrinseca insufficienza nel creare conoscenza. Ma il messaggio veicolato da questi artisti non é quello di semplice denuncia; essi ricombinano gli stili e i generi della comunicazione globalizzata e globalizzante per rivendicare una estetica che nasce proprio dalllo scarto, da ció che l’universo mediatico ha creato, utilizzato ed espulso; puro culture jamming di matrice statunitense che mira alla sovversione della grammatica comunicativa nazional popolare. Come dichiarano gli autori stessi: «Globalgroove vuole produrre assenza con un atto di forza inverso, rilanciando sull’insignificanza col niente, sul visibile con l’apparenza, sul falso con l’illusione, sul male col peggio».

Dal punto di vista della poesia elettronica la sezione più interessante appare “Innervisions”, compresa all’interno del capitolo (o piattaforma) tre, intitolato “Area 21”. Si tratta di un gruppo di sette pagine in formato e-book costituite da segmenti iconico-testuali e sequenze audio: autrice dei testi è Silvia Battista. Tra esse rientrano nella definizione di webpoetry “La casa davanti al parco”, “La preghiera del cammino”, “Paura del buio” e “Il circo della preghiera”. Le opere sono caratterizzate da un’estrema semplicita’ dell’interfaccia e linearitá nel processo di lettura; la loro forza espressiva sta nella posizione all’interno della macrostruttura di “Globalgroove”. Tanto infatti questo risulta multiforme, caotico e tendenzialmente sovversivo, tanto l’opera di Silvia Battista appare ordinata, intima e compiuta; queste poesie abitano uno spazio estraneo al resto dell’impianto topologico, parlano una grammatica mediale estranea, ed allo stesso tempo si pongono come base memoriale di cui la rivolta linguistica di “Globalgroove” si nutre.

Queste sembrano, per concludere, le direzioni verso cui sta andando la poesia elettronica in Italia: innanzitutto la contaminazione estrema dei linguaggi e dei generi, sia in senso diacronico che sincronico, sia a fini sperimentalistici che di guerriglia culturale; poi la riflessione su una poetica che predilige la dissoluzione del senso passando, a un primo livello, attraverso la negazione del processo di lettura o la sua delocalizzazione. Inoltre è da sottolineare come la parola scritta (o forse dovremmo più spesso dire rappresentata) abbia trovato nei new media inesplorate e complesse dimensioni grafiche e spaziali con cui interagire, paradossalmente riscoprendo una tradizione che, andando a ritroso dalle parolibere futuriste, ai sonetti ricombinanti di Queneau e ai calligrammi di Apollinaire, attraverso i “versi intessuti” e la “poesia iconica”, giunge fino ai “carmima figurata” e i “technopaegna alessandrini” (18).

A questo punto mi resta la presunzione di buttare uno sguardo in avanti, azzardando una forse sterile ma comunque suggestiva previsione: come ha esemplarmente sottolineato anche Brian Lennon (19) nel suo ”Configurations 8.1”, la ridescrizione della monolinearità testuale sta passando attraverso le nuove dimensioni dell’ibridazione, della simultaneità, della possibilità e dell’interscambio delle forme, le quali porteranno la posizione della nuova arte non in avanguardia, ma in uno spazio che come ora non ci è dato pienamente di conoscere: «L’ibridizzazione (della teoria con la pratica, dei corpi con le macchine), l’hacking, il parassitismo, e altre non/totalizzanti, non/tecnocratiche forme di impegno alla resistenza permeano la poetica dei nuovi media video/testuali e le nuove opportunità della comunicazione e della critica (come la distinzione tra comando e controllo) attraverso le forme di scrittura che esse rendono possibili. Nella materiale simultaneità e negli effimeri campi di questa pratica, la nozione di “avanguardia” potrebbe apparire alla fine provinciale, assorbita all’interno della sensibilità di un arte che si pone, a un tempo, qui e (sia virtualmente che non) altrove.» (20)

Giovanna Di Rosario, Matteo Gilebbi.

NOTE
1 Per una più esaustiva definizione si veda: Zinna A., Le interfacce degli oggetti di scrittura. Roma, Meltemi, 2004
2 https://cmdrtaco.net/poemgen.cgi
3 https://www.polygen.org
4 Personalmente ho voluto tentare con l’home page del Tg5 di Domenica 22 Gennaio 2006 ed ho ottenuto: Alitalia in programma domani. potrebbero arrivare/a Domenica In ulteriore calo le forniture di/rhum 21 gennaio Il caffè dello Stravinsky bar/archivio 22 gennaio Creme Brule congelatina/di una settimana. Dalla/Russia arriva il presidente dei/pazzi, come essi chiamano i/sindacati vanno avanti con assemblee e profughi Nei/Balcani hanno combattuto su tutti i/non rom.
5 Indipendente dall’esistenza di un sistema precostituito di simboli e significati.
6 https://www.leogeo.com/
7 https://www.poemsthatgo.com/gallery/spring2001/cruising.htm
8 https://www.poemsthatgo.com/gallery/fall2002/spawn/
9 https://www.onyros.com/
10 https://www.contentodesign.it/
11 https://www.bornmagazine.org/projects/candles/
12 «Tongues of rough words/lick the mind/Corrodes the thought/infects the visions» («Lingue di parole confuse/leccano la mente/corrode il pensiero/infetta le visioni»)
13 https://www.contentodesign.it/
14 https://www.contentodesign.it/cont/poesia%20che/1.htm
15 Turre le opera sono in formato Shockwave.
16 https://www.globalgroove.it/
17 https://www.momisdrunk.com/
18 Per un maggiore approfondimento della tematica si veda: Giovanni Pozzi, La parola dipinta. Milano, Adelphi, 1981.
19 Consulta Configurations 8.1 The Johns Hopkins University Press and the Society for Literature and Science. 2000 (Disponibile su www.ekac.org/brilensec.html)
20 Hybridization (of theory as of practice, of bodies as of machines), hacking, para-sitism, and other nontotalizing, nontechnocratic forms of resistant engagement will inform a poetics of the new visual/textual media and the new opportunities for communication and critique (as distinguished from command and control), through forms of writing, that they make possible. In the simultaneously material and ephemeral fields of such practice, the notion of "avant-garde" may seem finally provincial, absorbed into the sensibilities of an art that positions itself at once here and (whether virtually or no) elsewhere. B. Lennon, Screening a digital visual poetics. 2000. (www.ekac.org/brilensec.html)