Adriano Spatola

Adriano Spatola

LA FORMA DELLA SCRITTURA, cat. alla mostra, Galleria d'Arte Moderna a cura di Adriano Spatola, Bologna, 1977.

La forma della scrittura è allo stesso tempo un'ipotesi di ricerca e un dato storico. Catalogata e studiata da vari punti di vista come momento iconico indissolubilmente legato all'evoluzione stessa della comunicazione scritta (dal pittogramma al geroglifico, dai calligrammi alla pubblicità, dai graffiti al fumetto) tale forma ha una sua specifica densità letteraria che la nostra esposizione si propone di rendere esplicita. L'ipotesi di ricerca riguarda dunque qui in particolare la poesia sperimentale, considerata nelle sue dimensioni visuali.
È noto che l'avanguardia storica, dal futurismo e dadaismo in poi, ha fatto ampio uso di queste possibilità visuali della parola, fino a costituire una piattaforma molto intricata offerta agli sperimentatori di questo dopoguerra. L'analisi del materiale prodotto dalle avanguardie storiche (dalle parole in llbertà futuriste al poèms-obiet surrealista) non può ovviamente rientrare nella nostra esposizione, ma sarà oggetto di uno dei videotapes che integrano la mostra: si tratterà di una serie di esempi scelti allo scopo di commentare le presenze contemporanee, anche se sovente senza connessioni dirette o evidentissime.

Quanto alle presenze contemporanee, non abbiamo voluto restringerne il numero, e ciò per due ragioni. In primo luogo, essendo il fenomeno in esame un fenomeno internazionale non sarebbe stato corretto eliminare qualche autore soltanto per motivi di ridondanza: infatti è forse opportuno chiarire che nella maggior parte dei casi la ripetizione o variazione di un modello è volontaria e appartiene all'ipotesi di ricerca. In secondo luogo, per lo studente o comunque per un pubblico non specialistico l'aspetto forse più curioso di questi testi è nella loro apparente facilità di esecuzione, e dunque un lungo elenco di nomi vuol essere un invito non retorico alla partecipazione in prima persona, cosa che penso risulterebbe meno probabile di fronte a una esposizione chiusa incentrata su poche personalità di rilievo.

Tornando sul primo punto possiamo aggiungere che l'internazionalismo non è affatto una semplificazione del problema bensì una delle componenti essenziali della poesia sperimentale: si può parlare del tentativo di creare una lingua sopranazionale, o perfino della volontà di eliminare le lingue nazionali allo scopo di sostituirle con pochi segni universali. Per il secondo punto, stesso discorso: la facilità di esecuzione appartiene alla natura stessa delle implicazioni sociologiche che questo tipo di poesia assume su di sé, e non può in alcun modo essere considerata una comoda scappatoia rispetto alle “difficoltà” statutarie della poesia che definiamo lineare, cioè in versi (in inglese line significa sia “riga”, che “verso”: la scelta ormai generalizzata del termine poesia lineare è in relazione all'evidenza ottica del testo poetico non visuale, un sonetto ad esempio). Internazionalismo e “facilità” di esecuzione costituiscono insomma la forma della scrittura da noi presa in esame, non solo sul piano calligrafico e dattilografico, ma anche sul piano tipografico e di collage. Senza avere l'assurda pretesa di esaurire l'elenco delle tecniche usate dai poeti sperimentali, possiamo quindi soffermarci brevemente su queste quattro che abbiamo appena citato - la calligrafia, la dattilografia, la tipografia e il collage - per esaminarne gli aspetti più caratteristici.

Il testo calligrafico risponde evidentemente a un bisogno di personalizzazione del processo di trasformazione del contenuto letterario in immagine visiva (e in tale processo consiste essenzialmente la poesia visuale): ma se confrontiamo un calligramma di Apollinaire a un testo cufico siamo subito in grado di renderci conto che esistono almeno due opposte accezioni del problema: da un lato è la calligrafia a disporsi e inventarsi secondo l'immagine voluta dal poeta, dall'altro è un'autentica tecnica di scrittura a evolversi con specifiche e rituali forme di visualità per una tendenza che è possibile considerare implicita nella tecnica di scrittura stessa.
A questo proposito Bowler cita l'affermazione del calligrafo persiano Mullah Mir Ali: “La mia penna fa miracoli e la forma delle mie parole è orgogliosa della sua superiorità sul significato... il valore di ognuno dei miei segni è l'eternità stessa”. Il movimento lettrista (iniziato a Parigi nel 1945) utilizza per esempio tutti i mezzi di notazione acquisiti o possibili, individuali o collettivi - segni grafici o stenografici, simboli algebrici, criptogrammi, cifre, note musicali - nel tentativo di elaborare una specie di ipergrafia: il testo calligrafico viene così a esplodere dall'interno sulla base di una teoria che considera finita la scrittura. Il tentativo dei lettristi nasce comunque dalla convinzione che la poesia e la pittura sono la stessa cosa, e che l'abolizione della parola equivale all'abolizione della triade punto-linea-superficie che costituisce il fondamento dell'astrattismo. Benché non si possa parlare di una vera “espansione” del lettrismo, un movimento che non ha avuto quasi nessuna delle caratteristiche organizzative e promozionali tipiche ad esempio del surrealismo, tuttavia è certo che gran parte delle indicazioni del programma lettrista sono state raccolte, più o meno consapevolmente, e anche recentemente, da molti poeti visuali.

La macchina da scrivere costituisce uno strumento molto diffuso tra i poeti sperimentali, che ne sfruttano le possibilità grafiche con risultati difficilmente ripetibili mediante la composizione tipografica. Tale difficoltà nasce soprattutto da problemi relativi al fatto che la macchina da scrivere non ha, come la linotype, i caratteri differenziati, il che provoca, particolarmente quando si tratta di testi di poesia concreta, complesse eccezioni alle regole di allineamento e di giustezza della linotipia.
Garnier ha coniato per il testo realizzato mediante la macchina da scrivere il termine poème mécanique e a tale tipo di scrittura meccanica ha attribuito un certo numero di caratteristiche peculiari, tra le quali principale è la velocità: al limite la creazione del testo meccanico avviene simultaneamente alla sua realizzazione ottenuta battendo sui tasti, e da ciò deriva “l'eliminazione quasi totale del pensiero, della riflessione”. L'occhio diventa l'organo che ordina e regola l'energia psichica, ma il procedimento resta istantaneo, spontaneo, tanto è vero che per l'autore l'opera non è il risultato di una meditazione o di una esperienza bensì di una gesticolazione.

Se nella scrittura a mano le lettere passano attraverso le dita, sulla tastiera sono le dita che vanno a cercare le lettere, e abbiamo una “danza delle mani” che contribuisce al piacere della creazione, che non è più sintesi, cioè composizione basata sulle parole e sui loro significati anche stravolti o negati, ma “stato da genesi”, in cui la parola può ad esempio essere “estesa” moltiplicando a volontà certe lettere, passando così anche a una estensione-dissoluzione del valore semantico ad essa corrispondente, o può essere resa “barocca” oppure “classica” (i termini sono qui usati in maniera estremamente generica) con l'uso di progressioni matematiche.
La poesia meccanica produce forze statiche e dinamiche, in equilibrio o in movimento, all'interno del linguaggio, il cui “funzionamento” coincide con il testo, e con il suo significato, in quanto il “meccanismo lettrico” è somma o dialettica dell'energia psichica dell'autore e dell'energia visuale delle particelle
linguistiche.
È forse interessante rilevare che la scrittura meccanica sembra avere, almeno a prima vista, molti punti in comune con la scrittura automatica, soprattutto quando viene sottolineata l'eliminazione pressoché completa del pensiero dal processo creativo. Ma Garnier afferma a un certo punto che si rende necessaria anche l'eliminazione dell'inconscio, quindi la meccanicità del procedimento è prevalentemente “esterna”, collegata esclusivamente alla gesticolazione.

Per poema tipografico non s'intende semplicemente un qualsiasi testo poetico realizzato in tipografia, bensì un testo che usi i caratteri di stampa come elementi di composizioni visuali astratte, nelle quali la presenza del significato sia indifferente e conti invece la tensione della struttura.
Oltre a questa adozione dei caratteri di stampa nel loro aspetto formale privo di ogni contatto con la dimensione semantica, possiamo avere anche il costituirsi di un messaggio a livello sillabico, fino (ma raramente) alla parola.
Tale “stile tipografico” è tipico ad esempio di Hansjòrg Mayer e dà risultati che esulano dal discorso esclusivamente poetico e investono la problematica del lettering e del design. Del resto Mayer ha applicato i risultati delle sue ricerche alle famose collane di poesia sperimentale Futura e Rot (quest'ultima diretta da Max Bense ed Elisabeth Walter) a Stuttgart, città che non certo per caso è diventata uno dei centri internazionali più importanti di poesia concreta. L'interazione tra poesia, lettering e design realizza infatti una delle tendenze essenziali della poesia concreta, e in particolare è possibile istituire un rapporto diretto tra poesia concreta e grafica pubblicitaria proprio per il fatto che in entrambi i casi il testo viene elaborato con un metodo che tiene soprattutto conto di assonanze semantico-visive. Questo però non è già più il terreno strettamente riservato al poema tipografico, ma un terreno molto più vasto che andrebbe considerato in tutte le sue implicazioni - cosa che ovviamente non è qui possibile fare.

A differenza dei poeti concreti, per i quali è la parola stessa a costruirsi come immagine, i poeti visivi ricercano un amalgama tra immagine e parola, tra momento iconico e momento lessicale, con una tendenza a dare sempre più spazio alla immagine, che sembra rispondere meglio alle esigenze di una comunicazione immediata. La poesia visiva ricorre abbastanza costantemente all'uso del collage in quanto questa tecnica permette di recuperare materiale dai contesti iconografici e linguistici più diversi, la cui unica caratteristica comune è quella di essere una realtà preesistente rispetto al problema di scrittura posto dal testo.
Il riferimento massiccio a tale realtà preesistente (i mass media) si giustifica anche con la motivazione ideologica della necessità di far mutare l'atteggiamento passivo del fruitore posto di fronte a informazioni da consumare acriticamente, informazioni che la poesia visiva può rovesciare sia con espedienti di spaesamento che ricordano alla lontana quelli del poème-objet surrealista, sia con metodi che portano a un'autentica sostituzione del messaggio in questione con un messaggio di segno opposto.
Le numerose forme in cui si attua la poesia sperimentale non sono altro che le varie facce di uno stesso problema: secondo un “inventario" redatto da Anna e Martino Oberto, la poesia sperimentale può proporsi come: visiva, concreta,
aleatoria, evidente, fonetica, grafica, elementare, elettronica, automatica, gestuale, cinetica, simbiotica, ideografica, multidimensionale, spaziale, artificiale, permutazionale, trovata, simultanea, casuale, statistica, programmata, cibernetica, semeiotica, e l'elenco si è ancora arricchito.

Tuttavia molte di queste definizioni si riferiscono a tentativi isolati o al lavoro di gruppi che hanno avuto breve durata. Inoltre è tipica dei poeti sperimentali la “trasmigrazione” da un gruppo all'altro, da una ricerca alla ricerca opposta, o complementare. Su molti di questi aspetti ci siamo soffermati diffusamente, mentre altri sono stati soltanto sfiorati. È chiaro comunque che siamo di fronte a una estetica “sostitutiva” rispetto a un'estetica in cui le poetiche possano trovare una sistemazione critica basata sulle differenze oggettive tra l'una e l'altra, in quanto nel nostro caso spesso definizioni diverse indicano (grosso modo) idee simili, se non altro negli sviluppi.
E si veda quanto afferma a questo proposito Luciano Nanni: “Sul piano strutturale tutte le definizioni date sembrano accordarsi su una comune distrazione dalla mente, mentre sul piano più propriamente semiotico - comunicativo rivelano una comune tendenza verso processi evidenti di rapide, per quanto stranianti, operazioni di codice ".
Un ringraziamento per il materiale fornito a: Mirella Bentivoglio, Maurizio Nannucci, Claudio Parmiggiani, Carlo A. Sitta.
[Dall' archivio Maurizio Spatola (www.archiviomauriziospatola.com)]


SEIICHI NIIKUNI
Individuality


MARY ELLEN SOLT
Forsythia, 1966


GIULIA NICCOLAI
Macchina da scrivere
Poema Oggetto
1974


AUGUSTO DE CAMPOS
Caracol, 1960 


FRANZ MON
[untitled]


GUILLAUME APOLLINAIRE, La Colombe Poignardée et le Jet d'Eau, da "Calligrammes: Poems of Peace and War: 1913-1916."


ADRIANO SPATOLA
"Collage", 1980