Poesia Visiva
La Poesia Visiva prende vita all'interno di quel generale rinnovamento della poesia italiana che già anticipato dalla antologia I Novissimi (1960) veniva poi ufficializzato nel formarsi del Gruppo 63, movimento letterario italiano d’avanguardia costituitosi a Palermo nel 1963, che all’esperienza ermetica e neorealista proponeva lo sperimentalismo linguistico quale unico modo per dare vita a una letteratura capace di rappresentare la nuova realtà sociale italiana, trainata nei suoi diversi aspetti dal boom economico che attraversava il paese. Il Gruppo era sponsorizzato dalla casa editrice Feltrinelli e dalla rivista Il Verri di Luciano Anceschi e ne facevano parte, oltre ai poeti Edoardo Sanguineti, Nanni Balestrini, Antonio Porta, intellettuali e scrittori tra i quali Alberto Arbasino, Gillo Dorfles, Umberto Eco, Angelo Guglielmi, F. Leonetti, Luciano Malerba, Giorgio Manganelli, Renato Barilli.
I poeti visuali si inserivano in questo fermento proponendo a loro volta un rinnovamento che si allontanava da una concezione della poesia puramente letteraria, ancora incentrata e ancorata sull'uso della sola parola, percorrendo la strada delle composizioni verbo-visive, cioè l'unione di immagini e parole, attraverso due sentieri ben distinti: quello della la Poesia Concreta, stretto intorno ai poeti di Mulino di Bazzano, (Pr), (Adriano Spatola, Corrado Costa e Giulia Niccolai), che privilegerà uno spazio intimo, interno, vivisezionando lettere alfabetiche e parole per ridistribuirle plasticamente quasi in una tipografica composizione, e quello della Poesia Visiva, riunitosi nel Gruppo 70 sorto a Firenze nel 1963, tesa verso uno spazio esterno, aperto, in una fruizione che ammiccava al cartellone pubblicitario e alla galleria d'arte quale manifestazione e luogo delle proprie espressioni.
Così Lamberto Pignotti, principale artefice del movimento insieme a Eugenio Miccini, nel numero 6 del novembre-dicembre 1965 di Civiltà delle macchine definiva la poesia visiva: "Da un punto di vista teorico essa rappresenta un'estensione delle possibilità della poesia, che istituzionalmente si affida solo al materiale verbale e alle sue proprietà combinatorie, significative e comunicative (cioè: sintattiche, semantiche, e pragmatiche), poiché si pone anche dei problemi che fino a oggi sono stati affrontati dalle arti visive e specialmente dalla pittura. Tuttavia la poesia visiva non è ne una pittura con le parole, ne una poesia con le figure. In altri termini (e quando essa sia veramente riuscita) le parole non devono fare da commento a delle autosufficienti immagini visive, ne queste ultime devono risultare l'illustrazione di un testo che basta a se stesso. La poesia visiva per essere tale, pretende un effettivo rapporto, una vera interazione, fra parole e immagini visive in un unico contesto, (che in genere assume l'aspetto del collage e più raramente si affida a elementi dipinti o disegnati), e non la loro semplice convivenza."
A tanta chiarezza teorica non corrispondeva, però e fin da subito, una conseguente e coerente pratica espositiva se "Un primo censimento dei poeti visivi - è ancora Pignotti a narrare - ha fatto registrare quindici nomi, che sono andati a costituire anche una Antologia della poesia visiva (prima del genere in Italia e forse nel mondo) pubblicata presso l'editore oggi più stravagante sia in fatto di testi che di sperimentazioni grafiche: Enrico Riccardo Sampietro di Bologna. I nomi dei poeti italiani a tutt'oggi apparsi in mostre collettive e inclusi nell'antologia nominata sono quelli di Nanni Balestrini, Achille Bonito Oliva, Danilo Giorgi, Alfredo Giuliani, Emilio Isgrò, Luca (Luigi Castellano), Lucia Marcucci, Steliomaria Martini, Eugenio Miccini, Luciano Ori, Lamberto Pignotti, Antonio Porta, Adriano Spatola, Luigi Tola, Guido Ziveri. Fra i poeti elencati ve ne sono alcuni che non sperimentano mai in proprio la parte visiva del testo, preferendo affidarsi per ciò ad un pittore: è il caso per esempio di Giuliani (che ha poesie visive in collaborazione coi pittori Gastone Novelli, Toti Scialoja e Franco Nonnis), Porta (che ha come collaboratore Romano Ragazzi) e Spatola (che elabora i suoi "manifesti" col pittore Giuseppe Landini): altri poeti, pur facendo esperienze di poesia visiva in proprio, affidano talvolta i propri testi anche ad alcuni pittori: è il caso di Miccini e Pignotti che hanno opere visive in collaborazione con Antonio Bueno e Roberto Malquori. Il caso della collaborazione fra poeta e pittore ha fatto tuttavia nascere in taluni il dubbio se ciò dia veramente luogo a forme di poesia visiva, o non piuttosto ancora a forme di poesia illustrata, sia pure all'interno dello stesso contesto. Quel che si può dire, e lo abbiamo già affermato, è che il pericolo della "poesia illustrata" esiste anche per il poeta che sperimenta da solo, oltre all'aspetto verbale, l'aspetto figurale. Ovviamente l'insidia aumenta nel caso della collaborazione."
Da questo elenco si intuisce come la Poesia Visiva debordasse oltre il preferenziale perimetro dei collage - pratica prediletta da Pignotti e il manipolo fiorentino e più volte indicata quale elemento costituente della Poesia Visiva - percorrendo strade diverse, a volte arrivando a una collaborazione tra poeta e pittore e spesso, nei suoi esiti, intrecciandosi ad altre correnti artistiche quali il concettualismo o certi esiti di pratica pittorica percorsa da grafie e scritture, quali troviamo nelle coeve tele di Cy Tuombly o Gastone Novelli o Magdalo Mussio o Achille Perilli, se non il decollage di Mimmo Rotella, in una tutta sommato felice convivenza che ancora oggi perdura, oltre le etichette e le classificazioni.